Pietro si dice Peter

Era una casa di campagna bellissima, quella della famiglia Laguzzi. Aveva tre piani, otto stanze, un prato curatissimo, una piccola piscina all’aperto e perfino un giardino interno tra la cucina e il soggiorno. L’arredamento era semplice. C’erano pochi quadri, poche fotografie e tanti spazi vuoti, ma era comunque accogliente e molto luminosa.

Al secondo piano, in una delle stanze, ci abitava Mary Louise, una ragazza del Rhode Island che studiava italiano e che era venuta in Italia per finire la sua tesi. Era l’amica di un’amica della compagna di Davide, uno dei due figli del signor Laguzzi. «Mio papà è vecchio Mary. Se ti fa disperare non sentirti in colpa se decidi di cambiare abitazione.» Ma Mary l’aveva trovato un vecchietto dolce, di quelli con cui è facile ridere e che puoi subito chiamare nonno.

Il signor Laguzzi, che abitava al primo piano, era contento di ospitarla. Gli faceva compagnia, lo aiutava a fare la spesa e ogni tanto gli preparava dei dolci americani che mangiava volentieri come i cupcake o l’apple pie.

Avevano trovato una specie di routine. Al mattino, il vecchietto simpatico scendeva le scale aggrappandosi al corrimano. Il suo corpicino stanco non era più quello di una volta. Ma la sua mente era più viva che mai. Entrava in cucina con il suo bastone in mano e salutava Mary che lo aspettava con un sorriso. «Buongiorno, Maria. Hai visto che splendida giornata!» e rispondeva anche lei allo stesso modo «Buongiorno John. Le ho già preparato il caffé.»

La prima volta che si sono presentati, il signor Laguzzi l’ha subito chiamata Maria perché «Mary in italiano si dice Maria, sapevi?», le aveva detto sorridendo. E lei per seguire il gioco lo chiamava John perché «Giovanni in inglese si dice John.»

Quella mattina John era particolarmente felice e il caffè americano di Maria l’aveva apprezzato più di altri giorni; lo finì in due sorsi. Non riuscì nemmeno a leggere il giornale. La sua emozione era grande: suo figlio Pietro gli aveva promesso una visita.

Pietro era sempre stato duro con lui, ma senza un vero motivo. Semplicemente a volte padri e figli non riescono ad avere un buon rapporto e questo era uno di quei casi in cui non c’era mai stata confidenza o intimità. Oramai Pietro aveva la sua vita. Si era sposato da tempo, aveva una bellissima bambina di sei anni e lavorava in città. Il padre era dimenticato in quella casa e andava bene così. La notte a letto non aveva sensi di colpa per averlo abbandonato in quella casa enorme dopo la morte della madre. O almeno cercava di non pensarci.

Però per John era tutto diverso: lo adorava in silenzio. Per lui, Pietro era un essere speciale. Un orgoglio, un padre di famiglia, e oggi glielo voleva dire per la prima volta.

Poco prima di pranzo, la macchina di Pietro entrò in garage. Aprì la porta Mary alla quale salutò a malavoglia. Pietro era un tipo riservato e non gli piaceva la gente estranea. Aveva conosciuto la ragazza al compleanno del fratello Davide alcuni mesi fa e poi non l’aveva più vista. John lo guardò nascondendo la sua grande emozione dietro un timido sorriso breve.

Mary sapeva del loro strano rapporto ed era nervosa per John. Poteva andare tutto storto e l’ultima cosa che avrebbe voluto era vedere il cuore spezzato di quel vecchietto che amava così tanto suo figlio. Li osservava dalla finestra della cucina. Vide che si sedettero su una delle tante panchine del giardino. Parlavano e Mary non poteva che chiedersi cosa si stessero dicendo. Dopo anni e anni di distanza e silenzio come puoi dire ti voglio bene e sembrare sincero?

All’improvviso Pietro si alzò. Fece due passi nei dintorni. Toccava le foglie degli alberi e guardava di tanto in tanto il cielo. Poi tornò lentamente da John e con molta delicatezza lo aiutò ad alzarsi e piano piano tutti e due si disposero a rientrare in casa. John con lo sguardo sereno e in pace appoggiato al braccio di Pietro che lo teneva per la prima volta con la forza del suo corpo giovane e forte. Lo teneva abbracciato, tutto per sé. Che bello era stare con papà. Anche se solo per qualche istante.

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